Ricordo ancora quando un vecchio odontotecnico mi raccontava
che negli anni ‘46-‘47 del secolo scorso, entrato come apprendista in un
laboratorio che aveva uno studio odontoiatrico nello stesso appartamento, era
rimasto colpito da un cartello nella sala d’attesa del dentista. Ricordava ai
pazienti che le estrazioni dentarie avevano un prezzo diverso se eseguite con l’anestesia
o senza l’anestesia. Erano anni del dopoguerra e molte persone, pur di risparmiare
qualche lira, sopportavano stoicamente un’estrazione anche senza l’uso di un
anestetico. Allora anche spostarsi da un luogo ad un altro comportava una
difficoltà a causa della mancanza di frequenti mezzi di trasporto e la gente di
paese preferiva ricorrere al medico condotto, che curava tutte le patologie. Questi
poteva anche estrarre i denti cariati e dolenti nel suo ambulatorio, ovviamente
senza anestesia. Con l’arrivo di tempi migliori l’uso di anestetici prese
sempre più campo, fino ad arrivare ai nostri giorni dove in molti casi si
praticano anche metodi di analgesia preparatoria alla stessa anestesia locale,
oppure una vera e propria anestesia totale come in campo ospedaliero.
Oggi l’anestetico locale più frequente è la mepivacaina
cloridrato con aggiunta di adrenalina, un farmaco che elimina il dolore inibendo
la conduzione elettrica del nervo interessato. Prima di iniziare a somministrare
una fiala di anestetico viene comunemente usata (e consigliata) un’anestesia
topica direttamente nella mucosa orale dove in seguito viene fatta l’iniezione.
Queste anestesie sono reperibili dai fornitori di materiale dentale ma possono
anche essere ordinate in una farmacia che sia munita della cosiddetta camera
bianca, dove lo stesso farmacista prepara l’anestesia sotto forma di gel. Gli
anestetici venduti sotto forma di spray, al momento dell’uso, possono penetrare
con il getto all’interno dei capillari dando reazioni allergiche, cosa che non
avviene con i gel.
Le principali tecniche di somministrazioni nel cavo orale
sono due. La prima è detta “per infiltrazione sotto mucosa” e viene usata in
particolare nell’ arcata superiore, la seconda è definita “tronculare o di
conduzione” in quanto si somministra direttamente nel tronco nervoso e viene
usata in particolare nell’arcata inferiore.
Nella prima si anestetizza solo la parte dove si intende
operare. Nella tronculare, invece, tutto il decorso del nervo interessato. Diverse sono le varianti relative al punto di iniezione a seconda di dove si vuole
intervenire; molte sono all’interno della bocca. Esistono anche anestesie al di
fuori della cavita orale, ma si tratta di tecniche poco usate nella pratica
clinica di tutti i giorni.
Attualmente, quindi, l’anestesia in ambito odontoiatrico è estremamente adattabile alle esigenze più varie.
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